Il cuore del provvedimento (decreto legislativo 36/2021) resta il riconoscimento di una tutela previdenziale e assicurativa che coprirà la maternità, così come la malattia e gli infortuni.
Nel 2023 entrerà in vigore la riforma del lavoro sportivo, così come modificata dal Governo Draghi lo scorso 29 settembre. Una riforma che, come ha sottolineato l’ex sottosegretario con delega allo Sport, Valentina Vezzali, impatterà su circa 750mila lavoratori e 60mila datori di lavoro. Il cuore del provvedimento (decreto legislativo 36/2021), anche al netto delle correzioni, resta il riconoscimento di una tutela previdenziale e assicurativa per i lavoratori sportivi che coprirà la maternità per istruttrici e atlete, così come la malattia e gli infortuni.
Di fatto, dal 1° gennaio, esisteranno lavoratori che operano in società sportive professionistiche ovvero in società sportive dilettantistiche, a fronte di un corrispettivo. Non ci sarà più invece la figura dell’amatore (prevista originariamente dal Dlgs 36/2021), ma potranno coadiuvare l’attività degli enti sportivi i volontari a titolo gratuito, ai quali spetteranno tuttavia soltanto rimborsi spese.
D’ora in avanti potranno rientrare tra i lavoratori sportivi anche i tesserati, a patto che svolgano mansioni necessarie per l’espletamento dell’attività sportiva, identificate ad esempio da delibere federali, ad esclusione di quelle di carattere amministrativo-gestionale. Potrebbero rientrare in questo perimetro così manager, addetti agli arbitri, osservatori e analisti dei dati. E più in generale le nuove figure professionali che dovessero affermarsi.